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Sanremo: a cinismo si culmina


di Massimiliano Nucci
"Bo News"
Dicembre 2002
  Compil-action
Alan Sorrenti - Miami
“Su internet si trova di tutto”. Aspetto da mesi di ascoltare una frase di cotanta profondità, cantata da uno dei grandi “marpioni” del panorama musicale “luogocomunista” (da “luogo comune”). I ragionamenti scaturiti nelle stanze de “Il grande fratello” e “Operazione trionfo” hanno finito col rubare “le parole di bocca” agli eroi della nostra tradizione musicale domenicale. Ora che la TV si è impossessata di tutti i luoghi comuni, i nostri adorati supergiovani con clarks e giubbino, i nostri totocutugni, i nostri DJ canterini sono rimasti senza frasi fatte da cantare.

Ho sognato l’altra notte che Toto Cutugno prendeva in mano la situazione: scriveva un pezzo su una coppia che si conosceva su internet, poi lei cedeva alle richieste di lui e si davano appuntamento da McDonald’s in stazione; poi, trascorso un mese, la tipa piantava il tipo con un SMS e allora lui cominciava a darci con l’ecstasi in discoteca. Un capolavoro.

Ma, come dice sempre Carlo Lucarelli, “questo non è un romanzo giallo, questa è realtà”: su internet non c’è tutto. Su uno dei veri eroi della musica del secolo scorso non troverete quasi nulla neppure in internet . Alan Sorrenti, un mito.

Un highlander che ha attraversato generi musicali agli antipodi, che ha lavorato con musicisti immensi, che ha indossato gli abiti più diversi, che ha cantato in mille lingue.

Lasciamoci guidare dal look. E’ il 1972, fulminato forse dal dotatissimo (vocalmente….) Tim Buckley, il nostro Alan indossa una casacca tardo hippy e incide “Aria”. Un disco molto difficile e molto bello: un impasto di avanguardia dove la voce è puro strumento musicale, avvolta tra percussioni (Tony Esposito), basso e chitarra classica solista (Vittorio Nazzaro), hammond e mellotron (Albert Prince), violino (Jean-Luc Ponty), chitarra acustica (lo stesso Alan). Un delirio sconvolgente, con vocali prese per i capelli: un ascolto difficile che richiede esercizio, da gestire come una rotella di liquirizia.

La critica accoglie il disco con un calore sorprendente, il pubblico lo trascina addirittura fino al 10° posto dei dischi più venduti (cosa assai rara per un lavoro dal respiro progressive).

Nel 1973 esce “Come un vecchio incensiere all’alba di un villaggio deserto”, registrato a Londra con l’ausilio di musicisti del calibro di Francis Monkman (tastierista dei Curveid Air) e David Jackson (il sax di Van Der Graaf Generator). Una copertina straordinaria, con incastonato nel fronte un inserto di foto. Alan sceglie ancora un abbigliamento alternativo, barba lunga, capelli lunghi. Il disco è ancora una volta notevole, ma perduto l’effetto novità e complice un titolo degno dei film di Lina Wertmuller, il successo non viene replicato. E’ comunque successo nei festival dell’Avanguardia musicale, diffusissimi in tutta Italia nella prima metà degli anni ’70.

Nel 1974 una svolta davvero inattesa dal pubblico che fin a quel momento lo aveva sostenuto: esce il 45 giri “Dicitencelle vuje”, una versione moderna del celeberrimo classico napoletano. Grande successo di vendite (7° posto e 22 settimane in classifica), grande notorietà. Segue il 33 giri “Alan Sorrenti”, e anche una dura contestazione con lanci di bottiglie al festival di Licola nel 1975. Sempre nel 1975, Alan Sorrenti incide la splendida “Le tue radici”, brano recentemente reinterpretato da Franco Battiato in “Fleurs 3”.

Segue un viaggio in Senegal e in Marocco e poi rotta per la California dove inciderà nel 1976 “Sienteme, it’s time to land”. Sparita la barba, restano i baffi, abbandonata la casacca, arriva jeans e camicia bianca poco abbottonata. Dalla copertina scompaiono i simboli della natura, sole-terra-boschi, per far posto ad un paesaggio iperamericano, con palme ai bordi della strada. Italiano e napoletano restano presenti in sole due canzoni su otto, il resto è inglese. Un disco fusion di mezza classifica, contenente la famosa “Sienteme”.

Ma sono gli anni in cui risorgono i Bee Gees, in cui la disco music impera: Alan, pantalone e maglietta bianca, capello stirato e baffo incide “Figli delle stelle”: conquista il secondo gradino del podio delle hits italiane, sia con il 33 che con il 45 giri. Trentadue settimane in classifica. “Come le stelle noi soli nella notte ci incontriamo, come due stelle noi silenziosamente insieme ci sentiamo. Non c'è tempo di fermare questa corsa senza fiato che ci sta portando via, e il vento spegnerà il fuoco che si accende quando sono in te, quando tu sei in me. Noi siamo figli delle stelle figli della notte che ci gira intorno…”

Eccolo il profeta della disco italiana. L’album contiene anche la sinuosa “Donna luna”, con la quale Sorrenti partecipa al Festivalbar 1978. E’ una vera star e gli viene persino data la possibilità di fare un film: “Il figlio delle stelle”, scritto e diretto dalla premiata ditta “Fratelli Vanzina”. E’ la storia di un “giovane cantautore che viene scoperto e lanciato con grande successo. La sua vita privata e l'affanno della carriera, però, lo fanno precipitare in una profonda crisi depressiva da cui lo tira fuori la dolce Barbara.” (dal dizionario dei film “Morandini”). All’inizio del 1979, Sorrenti viene invitato in qualità di ospite ad esibirsi al la serata finale del Festival di Sanremo.

Tutti pronti a scommettere che Sorrenti fosse figlio di una stella cadente….e invece il cantautore napoletano indossa un abito di Gianni Versace, un paio di scarpe di Pollini e fa uscire nell’estate dello stesso anno il 45 giri “Tu sei l’unica donna per me” (1° in classifica dal 08/07/1979 al 29/09/1979), col quale vince il Festivalbar. Segue immediatamente l’album “L.A. & N.Y.” (1° in classifica dal 22/07/1979 al 22/09/1979). Il singolo viene tradotto in tedesco (“Alles was ich brauche bist Du”), in inglese (“All day in love”), in spagnolo (“Dame tu amor”).

Arrivano gli anni ’80. Alan abbandona il look Versace a favore di abiti firmati Gian Marco Venturi. All’inizio dell’estate è ancora grande successo con il singolo “Non so che darei”, col quale conquista la vetta della Top Ten dal 15 giugno al 9 agosto, partecipa al festivalbar, e rappresenta l’Italia all’Eurofestival classificandosi al sesto posto. L’album “Di notte” raggiunge la 5° posizione tra i dischi più venduti dell’estate. “Non so che darei” viene tradotta in inglese e in spagnolo.

Nel 1981 comincia veloce e ineluttabile il declino: il singolo “La strada brucia” non raggiunge che il 26° posto nelle hits, nel 1982 “Credimi non voglio perderti” entra a stento in classifica. Nel 1983 esce “Angeli della strada”, Riappare nel 1987 con un singolo da dimenticare (“Non si nasce mai una volta….”), e l’album di fumoso respiro buddista “Bonno Soku Bodai”.

Nel 1988 partecipa in gara al Festival di Sanremo, finendo ad un triste 26° posto con la canzone “Come per miracolo”.

Seguono una serie di raccolte: “Radici” nel 1992, classici ed inediti, “I successi di Alan Sorrenti” nel 1996 (con una bella nuova versione di “Figli delle stelle”), e “Miami” nel 1997 (ristampato nel 2001 e contenete la pimpantissima “Kyoko mon amour”). Nel 1999 con Jenny B. incide “Paradiso beach”, un singolo discreto sul quale si promette l’imminente uscita dell’album: l’uscita resta però avvolta nel mistero. E’ un Alan Sorrenti invecchiato bene, come il vino e non come l’aceto; quello di fine secolo porta baffetti e mosca, un look alla Miami Vice. Attraversa indenne le Anime Mie di Fazio e le Meteore di Mediaset.

Cercate almeno “Miami” nel vostro negozio di musica preferito, o fatevelo ordinare alla EMI. Una raccolta davvero immensa.

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