La musica nella pubblicità televisiva
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di Massimiliano Nucci
"I Martedì"
Marzo 2000
  Musica e Pubblicità
La musica nella pubblicità televisiva
Fin dai tempi di Carosello, e per molti anni successivi, una musica mi “è ronzata” per la testa: quella che accompagnava la pubblicità televisiva del brandy “Vecchia Romagna etichetta nera” della Buton. Lo slogan diceva: “Il brandy che crea un’atmosfera” ed era pronunciato da una soave voce off sopra ad immagini dal tepore romantico, dense di caminetti accesi in lussuose baite immerse nella neve….

Negli anni della ragione (?) appresi che la “musica della Vecchia Romagna” altro non era che la Romanza n.2 per violino e orchestra , op.50 di Beethoven, riarrangiata nel 1974 in modo discutibile (ma molto in voga in quegli anni) da James Last.

Ancora oggi mi capita di sentire alla radio o alla televisione un brano musicale di cui non conosco il titolo, l’autore e neppure l’interprete, e di riuscire ad identificare il brano come “è quello della pubblicità del…”; in questi casi il pubblicitario ottiene un effetto straordinario: quello di generare un richiamo al prodotto senza bisogno di ricorrere a spazi a pagamento sui media. Sono le stazioni radiofoniche, le emittenti televisive che, programmando liberamente un brano già utilizzato all’interno di uno spot, assicurano in un qualche modo il collegamento mentale dell’ascoltatore con il prodotto visto nella pubblicità. Questo vale soprattutto nei casi in cui il pubblicitario riesca a scovare un brano straniero particolarmente orecchiabile, ma pressoché inedito (o dimenticato) in Italia.

Senza bisogno di essere eccellenti pubblicitari, possiamo individuare stili musicali affini per prodotti appartenenti alle medesime categorie merceologiche: si pensi ad esempio agli spot di prodotti come pasta, dado, biscotti, risotti, crackers e ci si accorgerà come le musiche siano spesso “rassicuranti”, con atmosfere classiche-antiche-già note. E’ pur vero che tra i sopra citati prodotti, uno ha avuto “addirittura” come base musicale una canzone scritta da Zucchero, ma la canzone è “Donne”: pezzo tra i più casti del cantante, se ne ascolta un pezzo di pochissimi secondi con parole quasi "soavi", ad un volume assolutamente sobrio.

L’utilizzo della musica all’interno della pubblicità ha sempre avuto un ruolo estremamente importante, ma estremamente differente nei decenni della televisione italiana. Ciò è stato determinato sia da un differente livello culturale della popolazione italiana a cui la pubblicità faceva riferimento, sia dalla diversa durata dello spot (dai 135” dei primi caroselli ai 5” di alcuni spot attuali), sia dai differenti costi degli spazi, sia dal moltiplicarsi delle aziende che investono in pubblicità radiotelevisiva, sia da una differente consapevolezza di alcuni pubblicitari della potenzialità dello strumento e del mezzo.

Ma in questa sede non intendiamo verificare la coerenza tra prodotto-utente-spot, e non ci occuperemo pertanto neppure del contributo che la musica nello spot può fornire alle strategie di posizionamento del prodotto. Cercheremo di vedere piuttosto come il mondo della musica abbia intersecato il mondo della pubblicità nel corso degli anni, con particolare riguardo al periodo 1957-1985, riuscendo lo scrivente ad individuare poche novità di rilievo negli ultimi quindici anni.

Nel periodo 1985-2000 vediamo infatti il definitivo consolidarsi di un fenomeno “nato con la morte” di Carosello (01/01/1977): il progressivo sganciarsi della pubblicità dalla attualità musicale (si pensi, ad esempio, a quanti spot con sotto-sopra-fondo di house o rap riusciamo a ricordare: pochi o nessuno). Ci sono certamente le eccezioni, ma si tratta per lo più di brani contemporanei con precise caratteristiche: atmosfera newageggianti alla Enya, o superorecchiabili come “thank u” di Alanis Morissette. L’unica vera novità (se così si può chiamare) degli ultimi 15 anni è la riscoperta di antichi brani americani e (persino) italiani: si pensi a “Caterina” di Perry Como, a “At the end (of the rainbow)” di Earl Grant, o ancora a “Ti parlerò d’amor” di Wanda Osiris (in uno degli spot Barilla girate nelle piazze italiane rivestite di patine ecologistico-bucoliche). Vediamo inoltre il rientro (assai lieto allo scrivente e sottolineato dal compositore Francesco Gazzara nel suo magistrale saggio “Lounge Music – il blues dell’uomo bianco”, ed. Castelvecchi, 1999) della musica Lounge e dei brani easy listening: dagli originali di Burt Bacharach alle arie vagamente ispirate alla sua produzione (spot Lavazza), dalle melodie di Bernard Hermann (quelle del film “Marnie” nello spot dei gioielli Damiani) a quelle di “All I Have To Do Is Dream” degli Everly Brothers (spot dei materassi Eminflex).

La pubblicità televisiva e la musica hanno trovato nel tempo diversi tipi di intersezioni:

1. Utilizzo di personaggi musicali in ruoli differenti da quelli per cui sono professionalmente conosciuti.

2. Utilizzo (e contestuale presenza fisica) di personaggi musicali in qualità di cantanti, musicisti (esecutori)

3. Utilizzo di personaggi musicali in qualità di compositori.

4. Utilizzo di brani musicali preesistenti alla realizzazione dello spot (senza far comparire fisicamente il compositore e neppure l’esecutore)


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